Dal 1513 al 1521 fu pontefice Leone X, figlio di Lorenzo de’ Medici, uomo dal carattere calmo e prudente, molto diverso dall’irascibile e bellicoso predecessore, Giulio II.
Leone X fu un grandissimo estimatore delle arti, soprattutto della musica, amava il lusso e lo splendore delle cerimonie liturgiche.
Dopo la morte di Bramante, avvenuta nell’estate del 1514, il Papa nominò Raffaello nuovo responsabile della fabbrica di San Pietro.
Il trentenne artista urbinate era già un talento affermato, avendo realizzato due delle tre Stanze Vaticane e altre importanti opere. Durante il suo incarico a San Pietro produsse, insieme a Fra’ Giocondo, vari progetti e ripristinò la pianta a croce latina della basilica. Completò anche gli affreschi negli appartamenti vaticani, decorando la terza stanza, denominata Stanza dell’Incendio di Borgo.
Raffaello, studioso dell’arte antica, lavorò anche per Agostino Chigi, intervenendo su Villa Farnesina e progettando la Cappella Chigi. Nelle sue prime opere architettoniche mantenne coerenza con gli schemi di Bramante e Giuliano da Sangallo, il suo stile era riconoscibile per il rapporto più stretto tra architettura e decorazione, e per le rinnovate suggestioni d’ispirazione classica.
L’interesse per l’arte antica spinse Raffaello, insieme a Baldassarre Castiglione, a scrivere una lettera a Leone X, con la quale propose un progetto per il rilievo sistematico dell’Urbe della Roma antica e delle sue rovine.
La progettazione di Villa Madama fu l’attività più singolare di Raffaello in quegli anni. In origine, la villa prevedeva un cortile centrale con molteplici direttrici di percorso che conducevano al giardino circostante, all’italiana, integrato con lo scenario esterno che si estendeva fino alle pendici del Monte Mario.
In questo periodo nacque a Roma anche la collaborazione tra Michelangelo e il veneziano Sebastiano del Piombo, probabilmente per contrastare la supremazia di Raffaello presso la corte vaticana.
Una doppia commissione, arrivata nel 1516 dal cardinale Giulio de’ Medici, stimolò la competizione tra Sebastiano e Michelangelo contro Raffaello, impegnandoli in due grandi pale d’altare per la cattedrale di Narbonne. Sebastiano, con l’aiuto di Michelangelo, dipinse la Resurrezione di Lazzaro, conferendo all’opera una ricca orchestrazione cromatica. Nella sua pala, Raffaello elaborò la Trasfigurazione, rendendola più dinamica grazie all’accostamento con l’episodio della guarigione dell’ossesso. Tuttavia non fece in tempo a finirla a causa della sua prematura morte. L’opera, che tenne al suo fianco fino al giorno della scomparsa, fu completata successivamente da Giulio Romano, suo collaboratore.
Il breve pontificato del successore di Leone X, papa Adriano VI, durò dal 1522 al 1523 e segnò l’arresto di tutti i cantieri artistici. Il nuovo pontefice, avverso alle attività artistiche, era di origine nordeuropea, legato a una spiritualità di tipo monastico; non condivideva l’uso dell’arte a fini politici o celebrativi e non amava la cultura umanistica, né la sfarzosa vita di corte.
Adriano VI era così avverso alla cultura rinascimentale che arrivò a minacciare di far distruggere gli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina, fortunatamente la brevità del suo pontificato non gli permise di mettere in atto l’intento.
La morte di Raffaello, avvenuta nell’aprile del 1520, e una pestilenza che interessò la città per tutto il 1523, causarono l’allontanamento di molti artisti, compresi i migliori allievi dell’urbinate, che viaggiarono in tutta Europa diffondendo la maniera e gli importanti traguardi raggiunti dal loro maestro.