Firenze ebbe una storia artistica particolare, in città lo stile gotico non attecchì mai in maniera importante e anche lo stile romanico era caratterizzato da un’armonia delle forme che richiamava le opere antiche.
Alla fine del XIV secolo, mentre l’architettura europea era prevalentemente gotica con forte utilizzo dell’arco a sesto acuto, nella città toscana gli edifici venivano costruiti con arco a tutto sesto, tipicamente romano. La Loggia del Bigallo, completata nel 1358, e la Loggia della Signoria del 1380 circa, ne sono un chiaro esempio.
Anche sul versante della pittura, Firenze rimase piuttosto distante dalle influenze gotiche, più sviluppate in città vicine, per esempio Siena.
Il dibattito stilistico di inizio 1400, che contrapponeva proprio le tendenze gotiche a un più deciso recupero degli stili classici greci e romani, produsse anche opere miste. Un esempio di questa fase di transizione stilistica è la porta laterale sinistra del Duomo, detta Porta della Mandorla, realizzata tra il 1391 e il 1423 da vari scultori, tra cui Donatello, dove figure elaborate secondo l’arte antica si trovano accanto a spirali e ornamenti gotici.
Un altro esempio di confronto tra le due tendenze stilistiche è visibile nelle due formelle che Brunelleschi e Ghiberti realizzarono per il famoso concorso della Porta nord del Battistero di San Giovanni, del 1401, porta inizialmente collocata sulla facciata est e spostata successivamente a quella nord per far posto alla Porta del Paradiso.
Brunelleschi, ispirandosi all’arte antica, costruì la sua formella del Sacrificio di Isacco dandole una struttura a piramide, con la scena principale del dramma di Isacco imperniata sul punto focale, ottenendo un’espressività dirompente, sebbene non particolarmente elegante. Anche nella formella del Ghiberti le figure sono scolpite secondo un elegante stile di eco ellenistica, ma sono povere di espressione e di scarso coinvolgimento.
La vittoria del Ghiberti, sebbene confutata da quanto dichiara Vasari, potrebbe testimoniare che l’ambiente fiorentino non era ancora pronto al rivoluzionario linguaggio brunelleschiano, che si affermò di lì a poco.