Il Rinascimento

Interpretazioni

I cambiamenti che riguardarono lo sviluppo dell’epoca rinascimentale furono graduali, non avvennero bruscamente, e il retaggio medievale non svanì completamente ma mutò progressivamente.

Ci sono varie interpretazioni del Rinascimento ma le tesi predominati sono due: una sostiene la continuità rispetto al Medioevo; l’altra, invece, sostiene la rottura totale con gli schemi medievali.

Jacob Burckhardt fu il primo grande storico che diede una sua interpretazione sul Rinascimento, sostenendo la visione della rottura rispetto al Medioevo.

Burckhardt ha evidenziato come in Italia fu la fase rinascimentale, caratterizzata dalla nascita delle signorie e dei principati, a dare il via all’atteggiamento più aperto e individualistico dell’uomo nei confronti della politica e della vita in generale, evoluzione che spazzò via la concezione dell’uomo medievale, il quale non aveva valore se non come membro di una comunità o di un ordine.

Burckhardt ha individuato tre differenti caratteristiche per ciascuno dei due periodi storici: per il Medioevo sono il Trascendentismo, il Teocentrismo e l’Universalismo; per il Rinascimento sono l’Immanentismo, l’Antropocentrismo e il Particolarismo.

Agli inizi del 1900, Konrad Burdach oppose all’interpretazione di Burckhardt una nuova lettura del Rinascimento, diventando portavoce e massimo sostenitore della tesi contraria, ossia della continuità con il Medioevo. Per lo storico tedesco non c’è stata frattura tra i due periodi, che, invece, furono parte della stessa, unica, grande fase storica.

Secondo Burdach la vera svolta è avvenuta ben prima del Rinascimento, ossia nell’anno Mille. Tale interpretazione deriva da due considerazioni: la prima è relativa ad alcuni temi della Riforma Luterana, che Burdach ha individuato come già presenti nei movimenti ereticali di epoca medioevale; la seconda è dovuta al fatto che il mondo classico fu fonte d’ispirazione tanto per il Rinascimento quanto per il Medioevo.

Burdach sostiene anche che il Rinascimento è un’invenzione religiosa italiana. Secondo lui non esiste alcun Medioevo oscuro e retrogrado, e il concetto di rinascita socio-culturale è da retrodatare all’inizio del secondo millennio.

L’ultimo autorevole storico ad esprimersi sul rapporto tra Medioevo e Rinascimento è stato Eugenio Garin, che nella metà del 1900 ha elaborato un’interpretazione che attenua gli elementi di contrapposizione tra le due tesi.

Garin ha maturato la sua interpretazione dopo una profonda riflessione sulla tesi della discontinuità, da lui inizialmente sostenuta, dalla quale ha estratto inattesi aspetti di continuità tra le due fasi storiche.

Anche per Garin, la riscoperta della cultura greca e romana e la riapertura dei legami con tali epoche classiche non fu una novità del XIV secolo: durante il Medioevo, infatti, altre “rinascite” si erano già manifestate, come quella longobarda, quella carolingia, quella ottoniana, quella dell’anno Mille e quella del XII secolo.

Tuttavia, il Rinascimento possiede tre caratteristiche uniche che lo distinguono dalle rinascite precedenti:

1) la spontanea espansione del Rinascimento su ampi territori e grandi gruppi socio-culturali, cosa che non era accaduta nelle “rinascite” precedenti, circoscritte a specifiche zone e più legate agli ambienti delle corti nobiliari;

2) la consapevolezza degli uomini del Rinascimento circa lo strappo tra la loro epoca, vista come moderna, e quella precedente, il Medioevo, considerata “buia” e, spesso, da loro stessi strumentalizzata per enfatizzare la valenza di rinnovamento della nuova fase;

3) il legame col mondo classico visto non come semplice modello per mere imitazioni ma come fonte di ispirazione per nuove opere, nuove elaborazioni e nuove riflessioni.


Governare è far credere.
Niccolò Machiavelli


Signore, fa che io possa sempre desiderare più di quanto riesca a realizzare.
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