Leonardo soggiornò a Roma dal 1514, inviato dalla famiglia de’ Medici per dare il suo contributo alla rinascita culturale, artistica e architettonica della città.
Anche a Roma, così come in altre città, il genio di Leonardo non fu ben compreso dai suoi contemporanei. Il maestro da Vinci fu, infatti, escluso dalle grandi opere del tempo, come il cantiere di San Pietro e le decorazioni del Palazzo Vaticano, vedendo i suoi progetti puntualmente rifiutati senza ricevere incarichi.
L’estromissione dalle grandi opere artistiche non fu piacevole per Leonardo, dai suoi appunti traspare astio verso la famiglia dei Medici, quando scrive <<li Medici mi creorno e destrusseno>>.
Vista la scarsità di committenze per opere d’arte, Leonardo continuò a occuparsi di studi matematici e scientifici. Proseguì i suoi approfondimenti anatomici presso l’ospedale Santo Spirito, anche se con non poche difficoltà, e portò avanti il progetto per gli Specchi Ustori, che avevano lo scopo di convogliare il calore del sole su contenitori d’acqua al fine di produrre energia. Il progetto, però, non raggiunse validi risultati, anche a causa delle incomprensioni con i suoi aiutanti tedeschi, mastri vetrai.
Leonardo propose anche un suo contributo al rifacimento del porto di Civitavecchia e alla bonifica delle Paludi Pontine, progetti appoggiati da Leone X che non furono realizzati a causa della morte del papa dopo pochi anni.
Nel 1517 il soggiorno romano di Leonardo s’interruppe. Una lettera anonima lo accusò di stregoneria, a causa delle attività di studio sui cadaveri che conduceva presso l’Ospedale Santo Spirito. Così decise di lasciare Roma e l’Italia, accettando i lusinghieri inviti del re Francesco I di Francia, suo grande estimatore, che desiderava averlo alla sua corte.
Roma non conserva molte tracce visibili del soggiorno del genio toscano. L’incompiuto San Girolamo, oggi custodito nella Pinacoteca Vaticana, venne realizzato da Leonardo a Firenze intorno al 1480. Dopo essere scomparso per alcuni secoli, fu ritrovato a Roma in modo casuale intorno al 1800, segato in due parti usate come sgabello e coperchio per una panca.
Eppure Vasari racconta che a Roma Leonardo eseguì alcuni dipinti: «fece per messer Baldassarre Turini da Pescia, che era datario di Leone, un quadretto di una Nostra Donna col figliuolo in braccio con infinita diligenza e arte… e un fanciulletto che è bello e grazioso a maraviglia, che sono tutti e due a Pescia».
Purtroppo, però, delle opere realizzate a Roma da Leonardo non ci sono tracce, com’è accaduto anche per la Leda col cigno, molto famosa all’epoca, che il maestro portò con sé fino in Francia, dove Cassiano dal Pozzo racconta di averla vista nel 1623 a Fontainebleau: «una Leda in piedi, quasi tutta ignuda, col cigno e due uova al piè della figura».
Oltre al San Girolamo, una traccia visibile di Leonardo a Roma è proprio una copia della Leda col Cigno, custodita nella Galleria Borghese, che un pittore leonardesco, forse Cesare da Sesto, ha realizzato intorno al 1520. Un’altra traccia l’ha lasciata Raffaello nelle Stanze Vaticane, dipingendo il genio da Vinci nei panni di Platone, nell’affresco della Scuola di Atene.