Leonardo da Vinci

Le opere idrauliche

Leonardo cominciò a dedicarsi agli studi d’idraulica durante il soggiorno a Milano, e nei suoi viaggi in Lombardia.

A Milano, Leonardo studiò l’area intorno al Naviglio di San Marco, realizzando un progetto per collegare il Naviglio Martesana ai Navigli interni attraverso due chiuse. Ciò avrebbe permesso di attraversare Milano in barca e, potenzialmente, di collegare l’Adda con il Ticino. Leonardo aggiunse anche un personale tocco di genialità, inserendo nelle chiuse un portello inferiore, manovrabile, per gestire la portata dell’acqua.

Anche durante il suo breve soggiorno veneziano, Leonardo collaborò con la Repubblica di Venezia, per rendere navigabile il fiume Brenta ed evitare le inondazioni.

Alcuni dei progetti idraulici di Leonardo consistevano nella deviazione di fiumi ed erano particolarmente ambiziosi e futuristici, come testimoniato dai suoi stessi scritti. Aveva ipotizzato la bonifica delle Paludi Pontine, vicino Roma, aveva ideato un progetto per regolare il corso dell’Arno e creare un canale per unire Firenze al mare, e aveva teorizzato la canalizzazione di una regione francese paludosa situata a sud di Parigi, la Sologne.

Come fece per tutti i fenomeni naturali, Leonardo studiò la vera natura dell’acqua: «…Questa non ha mai requie insino che si congiunge al suo marittimo elemento dove, non essendo molestata dai venti, si stabilisce e riposa con la sua superfizie equidistante al centro del mondo». Ne studiò l’origine, la dinamica, gli effetti ottici sulla superficie e altre particolarità, ad esempio la schiuma: «l’acqua che da alto cade nell’altra acqua, rinchiude dentro a sé certa quantità d’aria, la quale mediante il colpo si sommerge con essa e con veloce moto resurge in alto, pervenendo a la lasciata superfizie vestita di sottile umidità in corpo sperico».

Grazie agli studi di fluidodinamica, Leonardo progettò macchinari per l’utilizzo dell’energia idraulica, per l’innalzamento delle acque e per il prosciugamento delle terre paludose.

Intorno al 1630, Francesco Arconati, figlio del conte Galeazzo Arconati, da tempo possessore di diversi codici, incluso il Codice Atlantico, realizzò un trattato sul moto dell’acqua usando proprio gli scritti di Leonardo. Il trattato, denominato Del moto e misura dell’acqua, fu a lungo trascurato e venne pubblicato solo nel 1826.

Studiando il moto delle acque, Leonardo era anche giunto alla conclusione che, con il tempo, la terra sarebbe stata completamente sommersa dal mare diventando inabitabile: «Perpetui son li bassi lochi del fondo del mare, e il contrario son le cime de’ monti; séguita che la terra si farà sperica e tutta coperta dall’acque, e sarà inhabitabile».

Le continue ricerche per comprendere al meglio i fenomeni dell’acqua e del mare, portarono Leonardo anche ai primi studi sui fossili, che gli permisero di teorizzare, da ateo qual era, l’impossibilità del Diluvio Universale, come ironicamente scrisse: «Della stoltizia e semplicità di quelli che vogliono che tali animali fussin in tal lochi distanti dai mari portati dal diluvio. Come altra setta d’ignoranti affermano la natura o i celi averli in tali lochi creati per infrussi celesti […] e se tu dirai che li nichi [ le conchiglie ] che per li confini d’Italia, lontano da li mari, in tanta altezza si vegghino alli nostri tempi, sia stato per causa del diluvio che lì li lasciò, io ti rispondo che credendo che tal diluvio superassi il più alto monte di 7 cubiti – come scrisse chi ‘l misurò! – tali nichi, che sempre stanno vicini a’ liti del mare, doveano stare sopra tali montagne, e non sì poco sopra la radice de’ monti».

L'arte non è imitazione della realtà, ma interpretazione individuale di essa.
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L'arte viene a voi con il franco proposito di non dar nulla all'infuori della più alta qualità ai vostri momenti mentre passano, e soltanto per amore di quei momenti.
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