Giuliano della Rovere fu eletto papa Giulio II nel novembre del 1503, dopo la morte di Pio III. Noto anche come il Papa guerriero, caratterizzò il suo pontificato sia per le continue manovre politico-militari sia per le grandi opere di mecenatismo, con l’obiettivo di restituire a Roma la grandezza del passato imperiale.
La fama raggiunta da Michelangelo non sfuggì al Papa, che nel marzo 1505 lo chiamò per realizzare il proprio monumento funebre, da collocare nella basilica di San Pietro.
I due trovarono presto l’accordo su un progetto colossale con decine di statue, e Michelangelo ebbe rapidamente i fondi per andare a Carrara a prendere i blocchi di marmo da utilizzare.
La lunga assenza da Roma per scegliere i blocchi di marmo, però, si rivelò un problema. Pare, infatti, che gli altri artisti alla corte romana, forse animati da invidia o dal semplice timore di essere estromessi dalle ricche committenze papali, ordirono un complotto ai danni di Michelangelo, convincendo il Papa ad abbandonare il progetto della sua tomba, indicata come di cattivo auspicio.
Nella primavera del 1506, rientrando a Roma con i marmi per il monumento, Michelangelo scoprì che Giulio II aveva cambiato i suoi piani per dare priorità al progetto della basilica di San Pietro e alla preparazione delle operazioni militari in Umbria ed Emilia Romagna.
Michelangelo tentò più volte di incontrare il Papa per avere conferma dell’incarico. La delusione e l’indignazione per la mancata udienza lo spinsero a lasciare Roma, cosa che fece in tutta fretta nell’aprile del 1506, temendo anche per la sua incolumità fisica, come si evince da un suo scritto che recita: «s’i’ stava a Roma penso che fussi fatta prima la sepoltura mia, che quella del Papa».
Giulio II tentò invano di richiamarlo, ma l’artista non volle saperne e si rifugiò nella sua Firenze, riprendendo i lavori che aveva lasciato in sospeso, come il San Matteo e la Battaglia di Cascina.
Così il Papa decise di fare pressione direttamente sulla Signoria di Firenze, e fu proprio il gonfaloniere Pier Soderini a convincere Michelangelo a riconciliarsi con Giulio II, mettendo l’artista di fronte al fatto che il suo atteggiamento avrebbe potuto causare pericoli alla città: «Noi non vogliamo per te far guerra col Papa e metter lo Stato nostro a risico».
L’incontro di riconciliazione avvenne alla fine del 1506 a Bologna, città che il Papa aveva appena conquistato togliendola ai Bentivoglio. Giulio II affidò a Michelangelo l’incarico di produrre un suo ritratto in bronzo da apporre sulla facciata della chiesa di San Petronio.
L’artista impiegò due anni a eseguire l’opera, che venne installata nel febbraio del 1508. Il cattivo rapporto tra i bolognesi e il Papa conquistatore causò la distruzione dell’opera nel 1511, in occasione della rivolta dalla città e del rientro dei Bentivoglio.