La famiglia di Michelangelo proveniva dal patriziato fiorentino. I suoi avi erano stati membri dell’amministrazione cittadina e lo stesso padre, Ludovico Buonarroti, era stato podestà di un piccolo possedimento nel dominio di Firenze.
A quell’epoca, le consuetudini della società fiorentina prevedevano che i figli maschi di famiglie patrizie fossero indirizzati alla carriera ecclesiastica o a quella militare. Per tale ragione, sembra che il padre di Michelangelo pose inizialmente delle resistenze alla volontà del figlio di intraprendere una professione nelle arti manuali, poiché ciò avrebbe significato una sorta di regresso della famiglia nel posizionamento sociale.
Probabilmente furono le condizioni disagiate e le ristrettezze economiche nelle quali versava la famiglia, a indurre il padre ad assecondare l’inclinazione del giovanissimo Michelangelo.
Stando a quanto afferma il Vasari nella prima edizione delle Vite del 1550, Ludovico Buonarroti accompagnò personalmente Michelangelo alla bottega di Domenico Ghirlandaio, celebre pittore e suo conoscente, mostrandogli alcuni disegni del ragazzo affinché il maestro accettasse di assumerlo come garzone.
Sempre in base ai racconti di Vasari, Ludovico negoziò la permanenza triennale di Michelangelo a bottega, in cambio di venticinque fiorini d’oro.