Michelangelo

Le biografie su Michelangelo

Michelangelo è l’artista che meglio di altri incarna il mito del genio tormentato, capace di imprese impossibili accompagnate da profondi turbamenti e grandi ostacoli, dovuti alle complesse vicende personali e al difficile momento storico.

Per la prima volta, però, il mito si forma quando il protagonista è ancora in vita. Michelangelo, infatti, è il primo artista a poter leggere, e in parte scrivere, la sua biografia.

Nel 1550, quando il maestro aveva settantacinque anni, Giorgio Vasari pubblicò la prima edizione di “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori”. In essa Michelangelo viene indicato come il punto di arrivo di una parabola ascendente dell’arte italiana che, iniziando con Cimabue, trova in lui il termine insuperabile, il genio assoluto in grado di competere con i maestri antichi.

Vasari conobbe Michelangelo a Roma nel 1543, ma non si instaurò un rapporto sufficientemente consolidato da permettergli di intervistarlo.

Nonostante la prima biografia di Vasari avesse un tono celebrativo delle sue doti artistiche, Michelangelo non la approvò a causa di alcuni errori e, soprattutto, di alcune ricostruzioni su temi caldi, come il rapporto con Giulio II e la fuga da Roma. Vasari conosceva i forti contrasti esistenti tra l’artista e il committente ma ne ignorava le cause.

Michelangelo fu contrariato dalla ricostruzione del Vasari poiché contraddiceva la sua versione riportata nei carteggi, altra importante documentazione storica delle vicende dell’artista. Per questo il maestro collaborò con Ascanio Condivi, suo discepolo, alla scrittura di una seconda biografia, pubblicata nel 1553, tre anni dopo quella di Vasari.

Nella stesura della nuova biografia Michelangelo attua un’autodifesa personale condita da una forte autocelebrazione, con contenuti identici a quelli dei carteggi. La prefazione della nuova biografia dichiarava indirettamente l’intento di correggere le inesattezze contenute in quella del Vasari.

Ciononostante, anche la biografia di Condivi mostra una visione parziale e artefatta degli eventi. Racconta molto gli anni dell’artista giovane ma omette di citare la fase di apprendistato alla bottega del Ghirlandaio, forse per evidenziare il carattere autodidatta del maestro e l’inesorabile nascita del genio.

Altro limite della biografia di Condivi è che, tranne qualche eccezione, non fa cenni ai numerosi progetti non-finiti, quasi a nasconderli per non intaccare l’immagine dell’artista.

Quattro anni dopo la morte di Michelangelo, Vasari pubblicò una nuova edizione delle Vite, contente diverse correzioni su molti artisti. Quella di Michelangelo era la biografia più rivista e la più attesa dal pubblico, tanto da essere pubblicata anche come testo separato dalle altre biografie. Dopo la morte, infatti, il mito michelangiolesco crebbe ulteriormente. Vasari, che fu protagonista delle sue esequie disegnando anche il monumento funebre del maestro, si riferì a lui come al “divino” artista.

Rispetto alla prima edizione, la nuova biografia del Vasari è maggiormente documentata, grazie anche al rapporto diretto che il biografo era riuscito a stabilire con l’artista prima della scomparsa.

Un’altra biografia, che rispecchia al meglio le idee artistiche di Michelangelo, è quella scritta da Francisco de Hollanda all’interno del suo trattato sulla natura dell’arte, il De Pintura Antiga del 1548.

Durante il suo lungo soggiorno italiano, il giovanissimo Francisco aveva frequentato il circolo di Vittoria Colonna, conoscendo direttamente il maestro. In una parte del trattato, che si chiama Dialoghi Romani, Francisco parla direttamente con Michelangelo, facendogli esprimere le sue idee estetiche.

L’intero trattato è dominato dalla figura di Michelangelo, esempio di artista genio, tormentato e passionale, investito di un dono “divino” e capace di creare come un dio.

Come le arti non liberali si propongono come fine il guadagno e il piacere, così le arti degne di un uomo libero aspirano alla virtù e alla gloria.
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