Contemporaneamente alle commissioni vaticane, Raffaello proseguì con l’evoluzione nella ritrattistica.
Tra il 1514 e il 1515 dipinse il Ritratto di Baldassarre Castiglione, oggi al Louvre di Parigi, riuscendo a rappresentare la perfezione estetica e interiore della cortigianeria espressa nel Trattato del Cortegiano scritto dallo stesso Castiglione.
Nello stesso periodo dipinse due copie del Ritratto di Fedra Inghirami, una conservata alla Galleria Palatina di Firenze e l’altra a Boston. Grazie alla perfezione formale dell’opera, Raffaello riuscì a conferire eleganza anche al difetto fisico dello strabismo, dal quale era affetto l’umanista ritratto.
Nel 1516 dipinse La Velata, oggi alla Galleria Palatina di Firenze, ritratto che fonde perfettamente l’assoluta qualità pittorica del maestro con la realistica ed espressiva descrizione del soggetto rappresentato.
Del 1516 sono anche il doppio Ritratto di Andrea Navagero e Agostino Beazzano, oggi conservato Galleria Doria Pamphilj di Roma, e il Ritratto del Cardinal Bibbiena, oggi alla Galleria Palatina di Firenze.
Contemporaneamente agli affreschi, ai ritratti e ai lavori per le pale d’altare, Raffaello si dedicò anche al cantiere di San Pietro, del quale era stato nominato responsabile dopo la morte di Bramante.
Per far fronte al grande numero di commissioni, Raffaello mise su un’importante bottega, chiamando a se non solo garzoni e aiutanti ma anche artisti già affermati. Con il passare del tempo e l’aumentare degli incarichi, Raffaello affidò sempre più ai suoi collaboratori la fase di realizzazione delle pitture, tenendo per se la progettazione e la preparazione dei disegni sui cartoni.
Il nuovo incarico al cantiere di San Pietro entusiasmò molto Raffaello, anche se non era il primo in architettura. Nel 1509, infatti, aveva condotto i lavori per la chiesa di Sant’Eligio degli Orefici, completata da Baldassarre Peruzzi alcuni anni dopo, e nel 1514 aveva eseguito progetti architettonici per la famiglia Chigi, come le scomparse Scuderie di Villa Farnesina e la cappella funebre in Santa Maria del Popolo.
L’intervento di Raffaello nella basilica di San Pietro non fu molto ampio. Leone X non mostrava verso il cantiere lo stesso entusiasmo del suo predecessore e i lavori procedettero con lentezza.
Sebbene ridotto, l’intervento di Raffaello fu comunque determinante. A lui si deve, infatti, il recupero dell’idea del corpo longitudinale della basilica originale, innestato nella croce progettata da Bramante e sovrastato dalla cupola.
Tuttavia il progetto di Raffaello presentava alcune imperfezioni che compromettevano la resistenza della struttura, come dimostrò Giuliano da Sangallo il Giovane, suo successore nella conduzione del cantiere.
Nello stesso periodo il maestro progettò altre costruzioni a Roma, grazie anche all’aiuto dei suoi collaboratori. È quasi certo che abbia progettato il Palazzo Jacopo da Brescia e il Palazzo Alberini. Lo stile architettonico di Raffaelo, simile a quello di Bramante, si riconosce anche in Palazzo Vidoni Caffarelli, realizzato da un suo allievo, probabilmente Lorenzo Lotti.
Vasari racconta che Raffaello progettò anche il Palazzo Pandolfini a Firenze, i cui lavori, avviati nel 1516, vennero però seguiti dai fratelli Giovan Francesco e Bastiano da Sangallo.