Con l’aiuto degli ex collaboratori del padre defunto, Raffaello allestì la sua prima bottega a Città di Castello nel 1499, a soli sedici anni. Nella piccola città umbra ottenne le prime commissioni come pittore professionista, realizzando le prime opere che avviarono la sua carriera.
Anche durante il soggiorno fiorentino dell’inizio del 1500, Raffaello si attrezzò con un laboratorio che gli permise di fare fronte alle varie commissioni che pervenivano da Firenze e dall’Umbria.
Quando giunse a Roma, alla fine del 1508, Raffaello ebbe occasione di dimostrare tutto il suo genio artistico. In poco tempo, grazie agli straordinari affreschi nelle stanze vaticane, la sua popolarità crebbe enormemente e, con essa, le richieste di nuove opere.
Per sostenere il crescente numero di commissioni, Raffaello allestì un efficiente laboratorio artistico perfettamente organizzato, in grado di gestire con rapidità incarichi sempre più importanti garantendo contemporaneamente un elevatissimo livello qualitativo della produzione.
Per riuscire nell’impresa, Raffaello si circondò non solo di garzoni e apprendisti, ma anche di artisti di talento, in breve tempo la sua bottega divenne il più attivo laboratorio di pittura a Roma.
All’inizio, i collaboratori di Raffaello si dedicavano principalmente alle attività di preparazione e rifinitura di affreschi e quadri. Col passare degli anni, Raffaello iniziò a delegare sempre più l’intera fase esecutiva delle opere ai collaboratori, tenendo per se le fasi di studio, progettazione e disegno preparatorio.
Le diverse figure professionali coinvolte nel ciclo produttivo della bottega del Sanzio si integrarono talmente bene da rendere difficile negli anni successivi la corretta attribuzione di singole opere.
La bottega di Raffaello fu certamente diversa da quella di Michelangelo. Il grande genio fiorentino preferì circondarsi di aiuti ridotti, dedicati esclusivamente alle attività pratiche di preparazione, come colori o intonaci per gli affreschi, tenendo per se il governo assoluto dell’intero processo di ideazione ed esecuzione delle opere, del quale era molto geloso.
Raffaello, invece, fece un uso sempre più crescente della delega, arrivando ad affidare l’esecuzione di intere opere ai suoi collaboratori, che ebbero così un’occasione di crescita professionale unica.
L’atelier di Raffaello divenne una sorta di scuola per molti artisti che, successivamente, ebbero importanti carriere individuali. Giovanni da Udine, ad esempio, arrivò nel gruppo di Raffaello come decoratore ma, pochi anni dopo, divenne un abile pittore, anticipatore delle scene di natura morta seicentesche.
Altri allievi famosi furono Tommaso Vincidor, Lorenzo Lotti e Guillaume de Marcillat, pittori, scultori, architetti e maestri vetrai che arricchirono il bagaglio tecnico della bottega con competenze diversificate, e che diffusero in tutta Europa la maniera e lo stile di Raffaello.
Gli allievi usciti dalla bottega di Raffaello che ebbero una carriera rilevante sono Polidoro da Caravaggio, Alonso Berruguete, Perin del Vaga e, soprattutto, Giulio Romano, che divenne uno dei principali interpreti del Manierismo.
Tra gli adepti di Raffaello vi fu anche Giovan Francesco Penni, così abile nell’imitare i modi del maestro da rendere difficile capire chi dei due fosse l’autore di una data opera.
Penni e Romano furono eredi testamentari della bottega di Raffaello e furono incaricati di completare molte opere rimaste incompiute per la prematura scomparsa del maestro, come la Trasfigurazione, l’Incoronazione della Vergine, Villa Madama e gli ultimi affreschi delle stanze vaticane.