Michelangelo

Al servizio della repubblica (1527-1530)

Nel 1527 Roma venne messa a ferro e fuoco dai Lanzichenecchi. La notizia del Sacco di Roma e della grave sconfitta subita da papa Clemente VII, indusse i Fiorentini a insorgere contro il potere dei Medici. L’odiato Alessandro de’ Medici, governatore della città, fu cacciato e sostituito da un nuovo governo repubblicano.

Michelangelo appoggiò immediatamente la nuova repubblica prestando la sua opera con azioni concrete, dimostrando di nuovo scarsa fedeltà verso i suoi mecenati.

Nell’agosto del 1528 riprese un vecchio incarico ricevuto del precedente governo repubblicano, quello del gonfaloniere Pier Soderini, sostituendo il soggetto della vecchia commessa, Ercole e Caco, con Sansone e due filistei, ma anche stavolta non riuscì a eseguire l’opera.

Nel 1529 l’appoggio di Michelangelo alla repubblica si fece concreto con la nomina di membro dei “Nove di milizia”, divenne responsabile dei piani difensivi di Firenze, in particolare quelli del colle di San Miniato.

Nell’aprile dello stesso anno fu nominato “Governatore generale sopra le fortificazioni”, col compito di gestire le difese fiorentine in previsione dell’assedio che le forze imperiali si apprestavano ad attuare.

Per svolgere al meglio il suo ruolo, il maestro studiò le fortificazioni di altre città recandosi in viaggio a Pisa, Livorno e Ferrara. Fu proprio a Ferrara che ricevette l’incarico per una perduta Leda con Cigno richiestagli da Alfonso I d’Este.

Nel settembre del 1529, visto il peggioramento della situazione a Firenze, Michelangelo fuggì a Venezia con l’intento di raggiungere la Francia, dimostrando di nuovo irriconoscenza verso i suoi committenti. Prima di partire per la Francia, il governo fiorentino lo bandì come ribelle. Fu grazie a un salvacondotto che Michelangelo poté rientrare in città e, a novembre, riprese la direzione delle fortificazioni.

Del periodo di responsabile della difesa di Firenze rimangono alcuni disegni di fortificazioni, caratterizzate da una complicata sequenza di forme concave e convesse che danno vita a strutture dinamicamente pronte sia alla difesa sia all’offesa.

A Michelangelo viene anche attribuita l’idea di usare l’altura di San Miniato come avamposto per cannoneggiare il nemico, con l’allestimento di un’armatura di materassi imbottiti per proteggere il campanile della chiesa dai colpi di artiglieria dei nemici.

Alla fine del 1529, col giungere delle forze nemiche alle porte di Firenze, apparve chiara la superiorità degli assedianti.

L’assedio durò dieci mesi, in questo contesto sembra che venne giocata la famosa partita di calcio in costume, volutamente chiassosa e rumoreggiante, con tanto di grigliata finale in spregio agli assedianti.

Nell’agosto del 1530 Firenze capitolò, ma riuscì ad evitare i saccheggi che avevano distrutto Roma tre anni prima. I Medici rientrarono in città e, dopo il commissariamento imposto dal Papa ed esercitato dal feroce Baccio Valori, Alessandro tornò a essere signore di Firenze.

Subito dopo la capitolazione di Firenze, Michelangelo, temendo ritorsioni per via del legame che aveva stabilito con i repubblicani, si precipitò in una fuga rocambolesca verso Venezia.

Tormentato dai dubbi sul da farsi e dai rischi per le conseguenze delle sue scelte, il maestro si stabilì nell’isola della Giudecca, evitando di frequentare la corte veneziana. Si dice che durante il soggiorno veneziano Michelangelo abbia anche presentato al Doge un progetto per il ponte di Rialto.

La verità sola fu figliola del tempo.
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